La tradizione politica in Francia è molto forte e riesce ancora ad assorbire punti di rottura o novità radicali. In Italia si ha l’impressione che tutto quello che deve apparire, appare e quindi tutto è in gioco, tutte le forze sono in gioco, tutto il gioco è comunque aperto, mentre in Francia si ha l’impressione che sia chiuso. Penso che nel luogo in cui si gioca la disposizione del potere o del contro-potere, l’intellettuale non ha spazio. È da questo che deriva la nostalgia dell’intellettuale che deve prendere posizione contro lo stato o a suo favore, per aggiungere del senso o della Teoria. Oggi non funziona più così. Esiste l’impressione che il gioco è a livello di senso o di contro senso. Cioè con un solo colpo il ruolo dell’intellettuale, che era storico e consisteva nel fare ideologia, analisi ecc., non basta più, perché le cose marciano al livello di discorso o di segni che non sono più controllabili dagli intellettuali. Finché rimaneva nell’analisi storica, nel lavoro del dare senso alla storia, che era in definitiva il suo compito, funzionava. Se la dialettica è morta, come io credo, l’intellettuale che è sempre stato il rappresentante della dialettica è al di fuori del suo ruolo, del suo essere e il suo spazio di intervento sulle cose è sempre più ristretto. C’è un certo tipo di manipolazioni dei segni, anche a livello di massa, e l’intellettuale vede il suo ruolo diminuito considerevolmente. Non c’è più un senso o un’ideologia che spieghi ciò che accade. L’intellettuale si mette a ondeggiare proprio come i gruppi terroristi e lo stato. Ma tutto ciò alla fine è logico. Vive una specie di tragedia, ma è la tragedia del senso e quindi bisogna stare attenti. Oggi ci sono delle manipolazioni di senso inconcepibili, delle simulazioni che alla fine, sono rese impossibili da persone che non sono intellettuali, da masse che non hanno alcuna coscienza politica da vendere, né presa di coscienza esatta. Per questo si manipola, e tutti manipolano. E al limite nessuno riflette più né è più in grado di farlo. L’intellettuale ha sempre rappresentato agli occhi delle masse la forza della cultura, ma se la cultura sta scomparendo lui non ha più funzioni da svolgere agli occhi delle masse. Dall’altra parte il potere che gli conferisce un ruolo e che lo mette in piazza lo relega sempre più all’opposizione. Come in Urss. Ma le condizioni generali oggettive di un rapporto fra intellettuale e stato sono scomparse. Un esempio clamoroso è quello dall’articolo che Althusser su “Le Monde” ha indirizzato al Pcf, e che è una critica radicale alla logica stalinista. In realtà è un discorso di rigenerazione, non di distruzione del partito. In Francia in questo momento si pensa soprattutto a come salvare il Pcf perché è uscito male dalle ultime elezioni, è stato screditato e ha bisogno di rifarsi una verginità. In questo momento chi gioca il ruolo della rigenerazione dialettica del partito è Althusser. Bisogna attaccare il Pcf per ricostruirlo. Allo stesso modo, in Italia, bisogna salvare lo stato e il Pci se ne sta assumendo il compito. In Francia invece bisogna salvare il Pcf: là dove un’istituzione perde il suo senso, l’intellettuale interviene per ridarglielo. Ma ora se lo Stato italiano perde il suo senso si andrà fino in fondo per vedere ciò che succederà. Per questo tutto è molto interessante. In questa situazione le Br svolgono quasi una funzione di analisi e di verifica della tenuta dello stato, in quanto si spingono oltre la perdita del senso dell’istituzione stessa. A questo punto quelli che cercano di analizzare la realtà non fanno altro che nasconderla. Non riesco comunque a vedere che ruolo “differente” possa avere l’intellettuale. Perché al punto in cui la situazione perde di senso, chiunque tenti di ridarglielo non svolge altro che una mistificazione. Le Br e non gli intellettuali, quindi, sono in Italia gli operatori reali: cosa ambigua, perché sono anche i rigeneratori della politica. Finché riescono a spingere lo stato alla morte, attraverso una simbolica putrefazione, potrebbero anche dirsi autori di un’operazione riuscita, perché la morte sarebbe solo una simulazione dello stato e un’operazione di perdita dello stato attraverso la simulazione. Ma se uccidono Moro lo stato ritrova il potere simbolico che aveva perso. Attraverso una simulazione lo stato muore, ma con una morte reale risuscita. Il vero problema è quello del silenzio delle maggioranze silenziose. Che cos’è il silenzio? Cosa sono queste maggioranze silenziose? Nessuno parla, o meglio nessuno può parlare a loro nome, esse assorbono tutto il senso, ma non lo vivono. Sono specie di masse d’inerzia, o anche di non-senso. Ma in questo caso non si parla di proletariato perché questo è in sé dinamico mentre le masse non lo sono. Le masse hanno un potere di neutralizzazione straordinario, non sono rivoluzionarie né reazionarie, attive o passive, sono un’altra cosa. Esse parlano attraverso qualcuno, quasi tutti parlano in nome delle masse. Questa forse è la cosa più interessante della storia delle Br. Esse, comunque, hanno dimostrato che il sistema rappresentativo non funziona più, e partiti, sindacati, stato simulano un funzionamento che nella realtà non sta più in piedi. Ma questo non vuol poi dire molto, le masse sono da un’altra parte, non sono rappresentate perché non lo vogliono. Il loro silenzio vuol dire qualcosa: sono il non-senso e pesano su tutte le manovre della politica.



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